Cos’è l’Unione Terre d’Argine? Quali comuni ne fanno parte?
Chi è il presidente dell’Unione? Come vengono scelti i suoi organi amministrativi?
Sono alcune delle domande che porremo alla gente nei prossimi giorni, giusto per farci un’idea
di quanto effettivamente questo ente sovracomunale sia conosciuto dai cittadini.
(Non guasterebbe se fosse il Comune a promuovere una ricerca di questo tipo).
La sensazione, anche qualcosa in più di una sensazione, è che se ne sappia molto poco in città e che il dibattito di giovedì sera in Consiglio sullo statuto dell’Unione Terre d’Argine, peraltro fotocopia di tanti altri confronti sullo stesso tema almeno dal 2009, assomigliasse ad una disquisizione da salotto per affezionati alla politica locale.
Il problema è che nonostante da anni si continui a ripetere che sull’argomento ci deve esser un confronto con la città, che il dibattito sul senso e sul futuro dell’Unione deve esser portato dalle aule alle piazze, nessuno ha mai dato il La a questo confronto.
Di chi è la responsabilità di questa mancata partecipazione se non di chi quell’Unione l’ha creata e fatta crescere in tutti questi anni, lontano dai cittadini?
Ogni discorso sulle Terre d’Argine non può che partire da una premessa:
il campo semantico della parola ‘unione’ è decisamente più accattivante di quello della parola ‘divisione’, ed è perciò molto facile esser accusati di provincialismo se solo ci si azzarda a spezzare una lancia a favore del locale, almeno quanto è facile imbastire un discorso buonista quando si parla di unione.
Ciò nonostante non ho rinunciato in consiglio ad accennare ad una festa di paese organizzata da alcune ragazze di Camposanto, che grazie al tam tam della rete,
hanno portato in piazza grandi e piccini a celebrare il proprio legame con la città all’insegna del: “Sei di Camposanto se…”. Ad un certo punto si son messi pure a saltellare cantando: “Chi non salta di Bomporto è… è…”.
Pare che i Comuni limitrofi stiano altrettanto spontaneamente organizzando una specie di goliardica controffensiva.
E’ forse questo un esempio di retrogrado campanilismo? Per il PD di Carpi evidentemente sì, visto che non ha parlato d’altro per il resto della seduta.
Prendere le mosse da quella festa, serviva a ribadire che quel confronto con la città, della città sulla città, andava fatto casomai a monte del percorso di costituzione dell’Unione, e non alla fine di un processo di svuotamento delle competenze amministrative dal Comune all’Unione, come invece sta avvenendo. Serviva altresì a far presente che in tutto il discorso che ruota attorno alle Unioni non ho mai sentito parlare di cose come:
il senso di appartenenza ad un territorio, di appartenenza ad una comunità, e di identità con la propria città di appartenenza, concetti completamente avulsi dal dibattito, e rispetto ai quali occorre chiedersi se siamo ancora disposti a riconoscere loro un valore.
Una consigliera del PD non ha solo detto, come tutti gli altri suoi colleghi, che discutere di campanili è anacronistico, ma ha portato l’esempio all’estremo, arrivando addirittura ad evocare fenomeni di settarismo tra Vie della stessa città. Questo mi da modo di ricordare che noi a Carpi, visto che durante la campagna elettorale saremo per le strade a fare volantinaggio (non potendoci permettere molto altro per farci conoscere, e comunque senza alcun tipo di invidia per i mega-manifesti di stampo berlusconiano usati dal PD), abbiamo pensato di approfittarne per promuovere la nascita e diffusione delle Social Street nella nostra città, sull’esempio di Via Fondazza a Bologna, ovvero piccole community online che hanno lo scopo di promuovere la socializzazione con i vicini della propria strada di residenza.
Dobbiamo forse temere che da ciò possano nascere fenomeni di rivalità tra Vie, come paventato dalla consigliera?
Di veramente anacronistico in tutto questo discorso, c’è sempre e soltanto l’approccio con la politica da parte del PD, che non ha ancora capito che il termine di confronto con questo modo di far politica calato dall’alto, (e ditemi voi se l’Unione Terre d’Argine non è stata calata dall’alto su Carpi) non è il M5S, ma un mezzo di comunicazione, internet, che obbliga ad un dialogo diretto con i cittadini, anche e soprattutto quando si tratta di prendere decisioni importanti per la comunità, dialogo che il PD proprio non riesce ad avere, se non quando si tratta di invitare il cittadino ad esprimere una preferenza nel segreto dell’urna elettorale.
Non è un caso che sia le comunità di strada, sia la festa di Camposanto siano due esperienze nate in rete, grazie ad uno strumento che ha ridisegnato i confini tra globale e locale.
Senza la rete, senza il coinvolgimento diretto dei cittadini, anche le Unioni comunali sono soltanto un esempio di campanilismo dai confini appena un po’ più larghi, ma siccome i consigli e le giunte delle unioni non vengono eletti dai cittadini, bensì designati dai consiglieri e dalle giunte dei comuni, si può dire che le Unioni sono proprio un club ristretto di designati dalla politica.
Noi del M5S non pretendiamo che il PD pensi global ed agisca local, ci basterebbe che pensasse ad un qualche modo più al passo coi tempi di coinvolgere i cittadini nella vita pubblica, qualcosa di più rispetto a quanto visto finora, giusto qualche riunione con Comitati o Associazioni durante le quali prender appunti.
Noi una proposta in quella direzione l’abbiamo fatta ed abbiamo pure ottenuto che venisse votata a maggioranza in Consiglio. Abbiamo chiesto per i cittadini la possibilità di proporre e votare delle mozione online, ma nonostante il voto favorevole del Consiglio e della maggioranza, la Giunta, per bocca dell’Assessore Caruso, ci ha spiegato anche nella seduta di giovedì che, mancando esperienze pregresse in altri comuni, non c’è l’opportunità politica di discutere una proposta che avrebbe comportato una modifica dello statuto. L’opportunità politica non manca invece se si tratta di cambiare lo Statuto dell’Unione Terre d’Argine per far passare il numero dei consiglieri da 30 a 32, aggiungendone uno d’opposizione a Carpi ed uno della maggioranza a Soliera. La rappresentanza delle minoranze nel consiglio dell’Unione passerà così dal 30% di prima al 31,25%, restando sempre e comunque abbondantemente al di sotto del 40% che spetterebbe di diritto alle minoranze in caso di elezioni in un comune con più di 15mila abitanti.
Un po’ di coraggio e voglia di intraprendere strade nuove non guasterebbe, o mica il PD di Carpi penserà di poter continuare a decidere tutto ed in beata solitudine anche per i prossimi 5 anni?
Pure un bagno di umiltà alle prossime elezioni non guasterebbe. Noi siamo qui per quello.
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