Nella ruota della fortuna di Matteo Renzi, si possono scoprire tante caselle, una di queste è il DDL Boschi che riguarda la riforma della Costituzione.
Il Decreto approvato elimina le provincie, il CNEL e il bicameralismo, prima di entrare in vigore però dovrà superare il referendum confermativo che si terrà a ottobre.
L’unica Camera dotata di rilevanti funzioni sarà la Camera dei Deputati. Il Senato viene così trasformato in un organo che dovrebbe rappresentare le istituzioni territoriali, privato del potere di dare o togliere la fiducia al governo, che spetterà solo alla Camera dei Deputati (art.55).
Con la legge elettorale nr. 52 del 2015, il cosiddetto Italicum, si produrrà l’effetto che solo un partito potrà formare il Governo e ottenere la fiducia alla Camera, anche se espressione di una esigua minoranza di votanti solo grazie ad un premio di maggioranza, spodestando la volontà popolare.
Il futuro Senato sarà composto da 95 componenti (anziché i 315 attuali) eletti tra consiglieri regionali (74) e sindaci (21), tutti designati dai rispettivi organi regionali. Quindi dei “nominati” e “non più votati dal popolo”. A questi si aggiungono 5 senatori di nomina presidenziale in carica per 7 anni, scompare la limitazione di età nell’elezione dei senatori. Secondo la riforma, i senatori nominati non potranno essere arrestati né sottoposti ad intercettazioni, se non con l’autorizzazione del Senato. Quindi potranno godere dell’immunità riconosciuta ai Deputati.
Con questa composizione il Senato non voterà più le leggi ordinarie ma potrà votare le leggi di riforma costituzionale e altre poche leggi; sulle leggi ordinarie potrà solo proporre delle modifiche che tuttavia non saranno vincolanti. In questo modo viene eliminata la doppia lettura per le leggi che riguardano i diritti fondamentali dei cittadini.
Con la riforma viene attribuito al Governo il potere di imporre alla Camera votazioni prioritarie dei disegni di legge, viene inserito l’istituto della “tagliola ” che stronca il dibattito, e permette al Governo la volontà di imporre la chiusura del dibattito delle proposte di legge entro 70 giorni, per passare subito al voto finale sul testo proposto (il voto a data certa).
Diverse materie ad oggi di competenza delle Regioni, tornano nelle mani dello Stato. Tra queste l’ambiente, la gestione di porti e aeroporti, trasporti e navigazione, produzione e distribuzione dell’energia, politiche per l’occupazione, sicurezza sul lavoro, ordinamento delle professioni, infrastrutture strategiche ed il sistema nazionale della protezione civile (riforma Titolo V).
Si sottrae così alle Regioni ogni possibilità di governo del territorio, anzi si conserva e si rafforza il potere centrale a danno delle autonomie, private dei mezzi finanziari.
Ma dopo tutto questo, diminuiranno i costi della politica?
NO, il risparmio è di spiccioli. L’indennità sarà data solo ai Deputati della Camera, e quindi scompare dalla Costituzione la possibilità per i senatori di ottenere una indennità di ruolo. Ovvero i consiglieri regionali che saranno nominati senatori non saranno pagati in più.
La gran parte dei costi vengono dalla gestione degli immobili, dei servizi, del personale, tutte le spese per l’esercizio delle funzioni (segretarie, assistenti parlamentari).
Spariscono i senatori a vita e la seconda carica dello stato sarà il Presidente della Camera.
Ma allora se il problema sono i costi, perché non diminuire anche i deputati della Camera?
Non è mai stata data una risposta a questa domanda.
Apparentemente si discute di riforma del bicameralismo, ma si traduce invece in una mutazione del sistema: la riforma costituzionale e l’Italicum trasformano la Costituzione invece di revisionarla, il potere esecutivo ottiene la supremazia sul potere legislativo, anzi lo acquisisce violando il principio di separazione dei poteri.
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